Nel 19° secolo, i miglioramenti in aspetti che sono alla base della qualità della vita, come acqua potabile, igiene, condizioni abitative e nutrizione, hanno contribuito al successo delle professioni della salute pubblica.

La rivoluzione nel campo dell’igiene è stata una delle pietre miliari che hanno permesso alla Gran Bretagna dell’età vittoriana di ridurre drasticamente i tassi di malattia e di morte.

E negli Stati Uniti del 20° secolo, le migliorate condizioni di vita, compresi i miglioramenti nella nutrizione e nell’igiene, fanno la parte del leone quando si deve dare il credito per i miglioramenti nel campo della salute – non la vaccinazione o altri interventi medici.

Il declino significativo della mortalità da malattie come il morbillo, la pertosse e l’influenza – oggi soprannominate “prevenibili con i vaccini” nonostante ampie prove del fallimento dei vaccini – è avvenuto ben prima dello sviluppo di qualsiasi vaccino per queste malattie.

I dati statunitensi rivelano diminuzioni comparabili anche nella mortalità per altre condizioni per le quali non c’è mai stato un programma di vaccinazione.

Ignorando questo inequivocabile fatto storico, i funzionari hanno comunque fatto della vaccinazione il fulcro della politica di salute pubblica degli Stati Uniti (e globale), cementando la formazione di un implacabile conglomerato medico-farmaceutico-governativa che – grazie a legislatori, regolatori, scienziati e attori del settore privato compromessi – non può essere messo in discussione.

Ora, in una rara deviazione dal dogma vaccino-centrico della salute pubblica, uno studio pubblicato su The BMJ ci ricorda che gli interventi di salute pubblica vecchio stile non solo contano, ma possono fare la differenza in un lasso di tempo molto breve.

Utilizzando i dati dell’India, dei ricercatori della University of California, Irvine (UCI) fanno una modesta proposta: che i miglioramenti delle condizioni sanitarie “potrebbero giocare un ruolo nel rafforzare la risposta immunitaria dei bambini [piccoli] ” e nel ridurne il carico di malattie.

Leggendo tra le righe, i risultati dello studio suggeriscono anche che i programmi di vaccinazione, per tutti i benefici professati, non si avvicinano nemmeno a poter affermare la stessa cosa.

Rimettere l’igiene sulla mappa

Incuriosito dalla relazione tra igiene e malattie infantili, il team dell’UCI ha esaminato l’incidenza nei bambini indiani di quattro malattie “prevenibili da vaccino” (VPD) – morbillo, difterite, pertosse e tetano – prima e dopo l’attuazione da parte del governo di un ambizioso programma per raggiungere la diffusione universale dei servizi igienici.

L’India ha lanciato la Swachh Bharat Mission (SBM) o “Clean India Campaign” nel 2014, per affrontare il problema della defecazione all’aperto (il depositare feci umane in spazi aperti e corsi d’acqua).

La “più grande iniziativa al mondo di costruzione di servizi igienici” comprendeva la costruzione di più di 100 milioni di gabinetti.

Pur essendo la quinta economia del mondo e avendo raggiunto riduzioni impressionanti della povertà, l’India rappresenta il 60% della popolazione mondiale che pratica la defecazione all’aperto. All’interno del paese, questo si traduce in una percentuale tra il 26% e il 48% della popolazione.

La defecazione all’aperto è una delle principali cause di malattie diarroiche nei bambini. Anche senza diarrea, la contaminazione fecale-orale può anche mettere in moto un’enteropatia ambientale e una cascata di effetti negativi, tra cui l’infiammazione intestinale, la malnutrizione dovuta a un assorbimento intestinale “significativamente squilibrato”, la disfunzione immunitaria e alterazioni dei batteri intestinali.

Risultati notevoli per il morbillo

I ricercatori dell’UCI hanno ammesso che avrebbe avuto senso valutare l’impatto dei miglioramenti nel campo dell’igiene sul verificarsi delle condizioni che rappresentano la maggior parte degli episodi di malattie diarroiche in India: colera, salmonella, epatite A e rotavirus.

Sorprendentemente, però, non ci sono “serie di dati rappresentativi a livello nazionale, pubblicamente disponibili” che permettano tali analisi.

La motivazione dei ricercatori per puntare alle quattro VPD sopra elencate ha a che fare con l’alta incidenza di queste condizioni – rispetto ad altri paesi – nei bambini indiani sotto i 5 anni.

Per esempio:

  • L’incidenza media del morbillo in quella fascia d’età è stimata a 32,8 casi per 100.000, collocando l’India tra i primi 10 paesi in tutto il mondo. L’incidenza globale del morbillo nel 2019 era di 12 per 100.000.
  • L’incidenza stimata della pertosse per i bambini indiani sotto i 5 anni (31,1 per 100.000) è da 10 a 15 volte più alta che in altri grandi paesi come il Brasile, anche nel contesto di una crescente incidenza a livello globale.
  • Modelli simili valgono anche per la difterite e il tetano, con l’incidenza dell’India che supera la media globale.

Cosa ha trovato il team dell’UCI quando ha esaminato l’incidenza delle malattie prima e dopo la SBM?

“I rapidi miglioramenti dell’igiene ambientale attraverso una maggiore disponibilità di servizi igienici corrispondono a una riduzione dell’incidenza annuale del morbillo” nei bambini sotto i 5 anni.

I loro risultati hanno anche individuato il ruolo delle variabili nutrizionali, come l’integrazione di vitamina A (da tempo riconosciuta come benefica per ridurre la morbilità e la mortalità del morbillo) e il miglioramento della nutrizione misurata attraverso l’indicatore della diminuzione dell’arresto della crescita.

Anche se non hanno rilevato alcun impatto dell’igiene sulle altre tre VPD, suggeriscono che questo potrebbe essere spiegato da sottodiagnosi e da sottosegnalazione dovute a un profilo di sintomi più ambiguo.

Bassa efficacia del vaccino

L’India ha uno dei più grandi programmi di vaccinazione del mondo. Anche nel 2013 – l’anno di riferimento dello studio – la copertura per la vaccinazione contro il morbillo e la difterite-pertosse-tetano (DPT) per i bambini di età inferiore a 1 anno era già intorno all’80%.

Amante delle campagne di salute pubblica in grande stile, il governo dell’India aveva dichiarato, un anno prima, nel 2012, un “anno di intensificazione delle immunizzazioni di routine”, annunciando diverse aggiunte al suo programma di vaccinazione infantile, e la sua intenzione di perseguire aggressivamente “la piena copertura di immunizzazione … in particolare nelle aree remote, arretrate e inaccessibili e nei bassifondi urbani”.

In genere, i bambini indiani ricevono un’iniezione contro il morbillo intorno ai 9-12 mesi di età, seguita da una seconda dose a 16-24 mesi, così come cinque dosi anti DPT, sotto forma di problematici vaccini combinati contenenti anti DPT e richiami anti DPT.

Inoltre, il Programma di immunizzazione nazionale promuove non una ma due iniezioni anti tetano per le donne durante la gravidanza.

In questo contesto, gli autori dell’UCI sostengono che “l’abissale classifica globale dell’India [quanto a malattie prevenibili tramite i vaccini] [VPD] solleva domande sulla bassa efficacia dei vaccini”.

Per spiegare la scarsa efficacia dei vaccini, i ricercatori dell’UCI citano la letteratura che suggerisce che l’enteropatia ambientale e la relativa disfunzione intestinale e la denutrizione interferiscono con l’efficacia del vaccino – anche se queste scoperte riguardano in gran parte i vaccini somministrati per via orale piuttosto che quelli iniettati.

Ci sono anche altre caratteristiche del programma di vaccinazione infantile dell’India che potrebbero avere qualcosa a che fare con la mortalità più alta della media per bambini sotto i 5 anni, attribuita alle VPD.

Si consideri quanto segue:

  • L’India è stata tra i primi ad aderire al lancio globale dei vaccini combinati cinque in uno e sei in uno, l’ultimo dei quali contiene componenti per difterite, tetano, pertosse, epatite B, Haemophilus influenzae tipo b e polio. Alcuni studi e i dati forniti dal produttore collegano questi potenti intrugli a morti di bambini. (Vaxelis, un vaccino sei-in-uno contenente un “doppio attacco” di adiuvante di alluminio non testato, viene ora dato ai bambini americani).
  • I bambini indiani ricevono dosi multiple di vaccino antipolio orale (OPV) – la cosiddetta vaccinazione “pulse polio” – e di vaccino antipolio inattivato (IPV), da soli o in combinazione. Nel 2018, dei ricercatori indiani hanno collegato la vaccinazione pulse polio OPV a centinaia di migliaia di casi di paralisi pediatrica, notando anche che i bambini paralizzati morivano a un tasso doppio rispetto alla mortalità causata dalla poliomielite naturale.
  • Il programma nazionale di vaccinazione dell’India obbliga i bambini di circa il 25% dei distretti del paese a ricevere due dosi di vaccino contro l’encefalite giapponese (JE) nei primi due anni di vita. Le segnalazioni di casi e gli inserti dei produttori associano le iniezioni anti JE a morte improvvisa, miocardite fatale e reazioni allergiche pericolose per la vita nei bambini e nei giovani adulti.

Miopia della salute pubblica

Per la maggior parte, misure basilari applicate da sempre e senza grande clamore come l’igiene, quando vengono menzionate, vengono svilite come “vecchia salute pubblica”.

Lo studio dell’UCI mostra che la cancellazione della memoria di tali misure è miope.

Altri ricercatori concordano sul fatto che l’acqua, i servizi igienici, l’igiene e gli interventi nutrizionali costituiscono un “punto cieco” della salute pubblica.

Persino l’UNICEF, non certo parte neutrale nello spingere i vaccini come “il metodo più sicuro al mondo per proteggere i bambini da malattie pericolose per la vita”, ammette che il “nesso igiene-nutrizione” merita “molta più attenzione da parte di politici, professionisti e ricercatori”.

Nel 2015, dei ricercatori indiani hanno messo in discussione la rigida politica di vaccinazione anti JE del loro paese, chiedendo un’urgente rivalutazione e dicendo ai responsabili politici di “procedere con cautela!”

Notando che la JE rappresenta una minima parte dei casi di encefalite dell’India, questi ricercatori hanno descritto gli enterovirus – malattie associate alla poliomielite e alla meningite e legate a scarse condizioni igieniche – come “fortemente responsabili per quanto riguarda il gruppo di malattie dell’encefalite”.

La loro conclusione: “Gli sforzi di salute pubblica non dovrebbero concentrarsi solo sulla vaccinazione”.

Questi tipi di osservazioni, insieme ai risultati dell’UCI, ricordano che è ora di riorientare la salute pubblica verso interventi che, a differenza dei vaccini, non solo non creano danni ma fanno una differenza duratura.