Le terapie geniche a mRNA (“vaccini”) anti COVID-19 sono state probabilmente i primi farmaci iniettabili raccomandati per le donne in gravidanza sulla base di sole 11 settimane di test, anche se, secondo la Food and Drug Administration statunitense (Agenzia federale per gli alimenti e i farmaci), il tempo medio necessario per testare la sicurezza di un farmaco è di otto anni e mezzo.

Ora, uno studio turco pubblicato su Neurochemical Research da Mumin Alper Erdogan et al. suggerisce che la somministrazione di vaccini a mRNA alle donne in gravidanza potrebbe causare danni allo sviluppo neurologico dei loro figli.

I ricercatori hanno studiato la prole di femmine di ratto gravide che hanno ricevuto il vaccino BNT162b2 a mRNA della Pfizer. In particolare, hanno esaminato i comportamenti dei ratti collegati allo sviluppo neurologico, le prestazioni motorie e i cambiamenti nella chimica del cervello che influiscono sullo sviluppo neurologico.

I ricercatori hanno riscontrato differenze molto ampie nell’espressione di alcune proteine e geni, suggerendo che questi cambiamenti fossero responsabili dei deficit comportamentali e di performance osservati.

L’effetto era più evidente nei ratti maschi, che hanno mostrato “pronunciati comportamenti simili a quelli dell’autismo“, come una ridotta attività sociale e comportamenti ripetitivi.

I maschi mostravano anche una riduzione della coordinazione e dell’agilità e una forte diminuzione delle popolazioni di alcune cellule cerebrali.

Come è stato progettato lo studio

Le femmine di ratto gravide hanno ricevuto un’iniezione placebo di acqua salata sterile o una dose di vaccino BNT162b2. Per garantire che tutti i cuccioli ricevessero lo stesso livello di cure materne, gli sperimentatori hanno permesso alle madri di tenere solo quattro piccoli, che hanno allattato per 21 giorni.

Al termine dei 21 giorni, sono sopravvissuti 41 giovani ratti: 10 maschi e 10 femmine nati da femmine di ratto che avevano ricevuto il placebo e 13 maschi e 8 femmine nati da femmine di ratto vaccinate.

Gli animali sono stati separati per sesso e categoria di trattamento (maschi o femmine, trattati o non trattati) e allevati separatamente fino all’età di 50 giorni, quando sono iniziate le valutazioni comportamentali.

I ratti sono stati sottoposti a quattro test standard di comportamento per osservare la loro preferenza per le attività sociali rispetto a quelle non sociali, il tempo trascorso con estranei o oggetti non familiari, l’interesse per l’esplorazione o il comportamento “investigativo” e la coordinazione motoria.

Dopo aver sottoposto i topi a test comportamentali, i ricercatori hanno sacrificato gruppi di tre o quattro ratti provenienti da gruppi trattati o non trattati, maschi o femmine, e ne hanno estratto il cervello per quantificare le differenze nella struttura cerebrale, nel tipo di cellule nervose presenti e nei livelli di sostanze chimiche e geni associati al comportamento autistico.

Nel corso dei test comportamentali e di laboratorio, i ricercatori hanno utilizzato statistiche che hanno permesso di quantificare le differenze tra maschi e femmine e tra ratti trattati e non trattati.

Differenze di sesso in alcuni comportamenti, non in altri

I ricercatori non hanno riscontrato differenze legate al sesso nei risultati combinati delle misure comportamentali di socievolezza o novità sociale, il che li ha portati a riferire che “gli effetti del vaccino su questi comportamenti sociali non sono stati modulati in modo differenziato a seconda del sesso”.

Un risultato molto vicino alla significatività statistica è stato scoperto per una misura, l'”indice di novità”, un termine raramente utilizzato negli studi sui ratti.

Erdogan et al. hanno definito l’indice di novità come “il tempo che il ratto trascorre nella camera con l’estraneo 2” … [divided] [diviso] per il tempo trascorso nella camera con l'”estraneo 1″introdotto precedentemente “. In altre parole, questa metrica quantifica la disponibilità di un ratto a entrare in contatto con degli estranei dopo una prima esperienza “estranea”.

Tuttavia, quando hanno combinato l’indice di novità con altre misure di interazione sociale, non hanno osservato differenze significative tra i sessi.

Le differenze di sesso sono state riscontrate, invece, in altri due test comportamentali: “tempo di caduta” e “socievolezza”.

Il “tempo di caduta” o “tempo di latenza di caduta” (terminologia degli autori) misura il tempo in cui un ratto mantiene l’equilibrio su un’asta che ruota a diverse velocità – una misura delle capacità motorie e della resistenza.

Tra i ratti le cui madri avevano ricevuto il vaccino BNT162b2 durante la gestazione, i maschi hanno ottenuto risultati molto peggiori delle femmine. Tuttavia, le differenze maschio-femmina scomparivano nel gruppo trattato con placebo.

Inoltre, confrontando i ratti vaccinati con quelli del gruppo placebo all’interno di ciascun sesso, le differenze molto ampie e statisticamente significative tra i maschi scomparivano nelle femmine.

Un modello simile è emerso per altre misure di socievolezza.

Sebbene non siano state osservate differenze in base al sesso o allo stato di vaccinazione della madre nella preferenza relativa di un animale per un secondo “estraneo” rispetto al primo estraneo, i figli maschi di femmine di ratto vaccinate erano molto meno propensi ad affrontare l’esperienza iniziale di non familiarità.

Gli animali del gruppo vaccinato inoltre trascorrevano un tempo significativamente inferiore con il secondo estraneo rispetto ai ratti del gruppo placebo.

In base ai risultati dei loro test comportamentali, Erdogan et al. hanno concluso:

“Mentre l’impatto del vaccino sui parametri di interazione sociale non variava tra i due sessi, le prestazioni motorie erano significativamente influenzate in modo dipendente dal sesso nel gruppo vaccinato. Ciò sottolinea l’importanza di considerare il sesso come una variabile biologica nella ricerca sui vaccini ed evidenzia la necessità di studi mirati per esplorare ulteriormente le implicazioni di questi effetti specifici del sesso.”

I ratti maschi del gruppo vaccino avevano un numero inferiore di cellule nervose specializzate associate alla coordinazione fisica

I maschi del gruppo vaccino hanno mostrato un numero significativamente inferiore di cellule nelle regioni CA1 e CA3 dell’ippocampo rispetto ai maschi figli di femmine di ratto non vaccinate e un numero inferiore di cellule Purkinje – cellule nervose specializzate – nel cervelletto. Gli autori non hanno affrontato specificamente il significato di questi risultati nella loro discussione.

Nell’uomo, le cellule di Purkinje sono responsabili della coordinazione fisica e influenzano alcune risposte comportamentali ed emotive. La regione A1 dell’ippocampo governa la memoria spaziale e la regione CA3 è coinvolta nelle crisi epilettiche e nella neurodegenerazione, ma anche in questo caso gli autori non hanno discusso il significato di queste differenze nel contesto del loro studio.

I ricercatori hanno anche cercato prove di citochine che mediano l’infiammazione nel cervello dei ratti, ad esempio diverse interleuchine e il fattore alfa di necrosi tumorale alfa, ma non hanno trovato differenze significative tra i sessi o i gruppi differenziati per stato vaccinale.

Tuttavia, i livelli di fattore neurotrofico di derivazione cerebrale (BDNF, acronimo di brain-derived neurotrophic factor) erano significativamente più bassi sia nella prole di sesso maschile che in quella di sesso femminile delle femmine vaccinate rispetto alla prole di femmine trattate con placebo.

Il BDNF, presente nel sistema nervoso centrale, nell’intestino e in altri tessuti, partecipa alla sopravvivenza e alla crescita dei neuroni, controlla l’attività dei neurotrasmettitori e influisce sulla plasticità neuronale, un fattore essenziale per l’apprendimento e la memoria.

L’espressione genica ha mostrato effetti altrettanto ampi sul sesso e sul trattamento. Ad esempio, l’espressione del gene mTOR era significativamente più alta e quella di WNT significativamente più bassa tra i maschi del gruppo vaccino e quelli del gruppo placebo.

I geni WNT nell’uomo sono precursori di 19 diversi fattori di crescita proteici strutturalmente correlati che regolano l’attività e la salute delle cellule durante lo sviluppo. Negli adulti, le proteine derivate da WNT mantengono il corretto funzionamento delle funzioni biologiche dell’organismo, mentre l’attivazione inappropriata di WNT è stata implicata nel cancro e in altre malattie.

L’mTOR (target meccanico della rapamicina chinasi) è un gene i cui due prodotti proteici controllano la produzione di proteine, la crescita cellulare e il modo in cui le cellule rispondono a stress come i danni al DNA e la privazione di nutrienti. Il sirolimus, un bloccante di mTOR, previene il rigetto degli organi dopo il trapianto.

Le femmine di ratto gravide hanno ricevuto una dose da esseri umani adulti

Sebbene alcuni degli effetti della vaccinazione materna sui livelli di geni e proteine, in particolare le differenze tra maschi e femmine, fossero altamente significativi, Erdogan et al. non sono riusciti ad argomentare in modo convincente il loro collegamento a deficit comportamentali altrettanto profondi.

Ad esempio, dopo aver descritto in dettaglio le differenze ippocampali nella sezione “Risultati” e aver fatto riferimento alle regioni CA1 e CA3 come “regioni designate per la valutazione delle lesioni”, nella discussione non sono state menzionate né la CA1 né la CA3.

Gli autori hanno sottolineato come i loro risultati siano in linea con le differenze maschio-femmina negli studi sull’autismo umano e il rischio di estrapolare i risultati dagli studi sui ratti agli esseri umani.

Il problema più evidente di Erdogan et al. è che le femmine di ratto gravide hanno ricevuto la stessa dose di BNT162b2 – 30 microgrammi – che viene somministrata agli esseri umani adulti. Supponendo che il peso medio di una donna adulta sia di 170 libbre [77 chilogrammi] e che il peso tipico di un ratto sia di circa una libbra [450 grammi], le femmine di ratto hanno ricevuto una dose circa 170 volte superiore a quella umana.

Erdogan et al. non hanno menzionato nemmeno il dosaggio nella loro discussione, nonostante la medicina sia da tempo consapevole della relazione tra dose, risposta e sicurezza, e le prove esistenti del fatto che anche il raddoppiare la dose di BNT162b2 aumenta i rischi per la sicurezza.

Infine, Erdogan non ha chiarito la tempistica degli interventi in generale, né quella relativa alla somministrazione del vaccino rispetto al placebo. La prima preoccupazione è minore, perché alle femmine di ratto è stata somministrata la dose al 13° giorno, a metà del periodo di gestazione, mentre le femmine umane potrebbero essere sottoposte all’iniezione in qualsiasi momento.

La tempistica relativa della somministrazione del vaccino e del placebo nello studio, tuttavia, non era chiara. Erdogan et al. hanno scritto che le femmine di ratto hanno ricevuto il vaccino “al tredicesimo giorno di gestazione”, mentre alle femmine del gruppo placebo è stato somministrato “lo stesso giorno della gravidanza”.

Questo può significare “lo stesso giorno delle femmine vaccinate”, cioè il 13° giorno di gestazione, oppure il giorno in cui sono state ingravidate. In quest’ultimo caso, la tempistica potrebbe aver influenzato i risultati.

Erdogan et al. hanno riconosciuto la necessità di ulteriori studi per confermare l’applicabilità di queste osservazioni agli esseri umani, in quanto “rimane essenziale una comprensione completa dei rischi e dei benefici della vaccinazione anti COVID-19, soprattutto durante la gravidanza”.