Bill Gates è conosciuto come uno dei principali sostenitori del “net zero” (o “emissioni nette zero”). Il tecno-miliardario ha dichiarato che il raggiungimento di emissioni di gas serra “net zero” entro il 2050 sarà “la sfida più difficile che l’umanità abbia mai affrontato” e “la cosa più strabiliante che l’umanità abbia mai fatto”.

Ridurre le emissioni di gas a effetto serra del mondo dagli attuali 52 miliardi di tonnellate a “net zero” nei prossimi tre decenni, secondo Gates, significa che “dobbiamo trovare modi migliori per fare praticamente tutto”, dal “cibo che mangiamo” agli “edifici in cui viviamo”, perché “potenzialmente ogni attività umana produce emissioni di gas serra”.

Ma quando Gates parla di “net zero”, non intende lo zero vero e proprio, cioè l’assenza di emissioni.

L’aggiunta dell’aggettivo “netto” nell’equazione per rifare “praticamente ogni attività umana” modifica sostanzialmente il significato di “zero”.

E Gates ha contribuito a convincere la maggior parte dei Paesi del mondo ad aggiungere quella malcompresa e apparentemente innocua parolina “net” nei loro impegni sul cambiamento climatico.

Che cosa significa esattamente emissioni nette zero per Gates e per altri che condividono le sue ambizioni?

L’attivista ecologica Vandana Shiva, ha dichiarato a The Defender:

“Net zero”, come ammette Bill Gates nel suo libro “Clima. Come evitare un disastro“, non significa che gli inquinatori smetteranno di inquinare. Significa che gli inquinatori otterranno nuovi profitti creando nuovi mercati per falsi rimedi tecnologici come la geoingegneria e il cibo finto, e nuove forme di accaparramento di terre attraverso le “compensazioni di carbonio“.

“Net zero è una truffa finanziaria come la crisi dei subprime del 2008, che ha portato al crollo di Wall Street e di intere economie”.

Le implicazioni future del net zero sono di vasta portata. La spinta mondiale verso il net zero ha trasformato i “crediti di carbonio” in strumenti finanziari negoziati a livello globale, dando alle grandi aziende e ai miliardari una sorta di “licenza di inquinare”.

Il “mercato globale del carbonio” ha creato nuovi modi per l’élite economica di accaparrarsi la terra, di trarre profitto da tecnologie dubbie e di tentare di mettere all’angolo il mercato di qualsiasi attività che produca anidride carbonica, il che comprende potenzialmente “praticamente ogni attività umana”, secondo le parole di Gates.

Storia del net zero e del suo potenziale di abuso

Il concetto di “net zero” esisteva principalmente in articoli e rapporti accademici fino a quando non è stato incorporato nell’Accordo di Parigi del 2015, su sollecitazione di potenti sostenitori. Da allora, l’impegno del mondo verso il “net” zero è esploso.

Shiva ha recentemente dichiarato a Russell Brand: “Ho visto Bill Gates impadronirsi del sistema [delle Nazioni Unite] con il vertice sul clima di Parigi del 2015”.

In un’altra intervista, Shiva ha detto questo di Gates.

“Ha inventato una parola, che non avevo mai sentito prima, chiamata ‘net zero’. E ha detto che dobbiamo risolvere i problemi climatici con il net zero.

“Non significa che ci liberiamo delle emissioni. Gates viaggia con un jet privato e ha tutti i servizi di jet privato del mondo. Gates dice che [net zero] non significa che smetteremo di inquinare. Dice che significa solo che dobbiamo trovare terre altrui per compensare il nostro inquinamento”.

Ecco come dovrebbe funzionare il net zero.

Nell’articolo 4 dell’Accordo di Parigi, le parti hanno concordato che le fonti di emissione devono essere “bilanciate” da “assorbimenti” [nel testo inglese dell’accordo il termine è “rimozioni”, NdT] di gas serra.

L’articolo 6 fa riferimento ai “risultati di mitigazione trasferiti a livello internazionale”, ovvero a crediti di carbonio che possono essere acquistati, venduti e scambiati oltre i confini internazionali.

L’Accordo di Parigi ha portato all’emergere di un “mercato del carbonio” globale in cui i governi e gli attori privati comprano e vendono crediti finanziando attività che riducono o evitano le emissioni di carbonio o quelle che lo rimuovono dall’atmosfera.

I crediti di rimozione possono essere ottenuti attraverso metodi tecnologici di rimozione, come la “cattura diretta dall’aria” – una tecnologia ancora non provata su scala – o attraverso metodi basati sul territorio, come la conservazione delle foreste e il sequestro del carbonio nei terreni agricoli.

I grandi produttori di emissioni che ottengono crediti possono usarli per “compensare” le loro emissioni, in modo da non dover effettivamente effettuare alcun taglio.

Secondo Shiva, l’idea di raggiungere le “emissioni nette zero” attraverso un mercato globale dei crediti di carbonio si discosta da una concezione precedente di come affrontare il cambiamento climatico.

“Fermare l’inquinamento che sta portando al caos climatico e alla destabilizzazione del clima è un obbligo ecologico, sia per proteggere i diritti della Terra come organismo vivente, sia per proteggere i diritti umani di quelle vite che stiamo perdendo a causa delle catastrofi climatiche”, ha dichiarato Shiva a The Defender.

“Ciò significa che dobbiamo andare verso lo ‘zero reale’ in termini di emissioni. Poiché lo 0,1% [della popolazione] è responsabile della maggior parte dell’inquinamento, gli inquinatori devono smettere di inquinare e, come concordato a Rio al Vertice della Terra, devono pagare”, ha dichiarato.

Net zero ha ribaltato questa logica, dando ai grandi inquinatori il diritto di acquistare finanziariamente i “diritti di emissione”. È così che i crediti di carbonio sono diventati “la soluzione climatica preferita da Wall Street“.

“L’ex governatore della Banca d’Inghilterra, Mark Carney, è ora a capo dell’iniziativa Net Zero delle Nazioni Unite“, ha detto Shiva, iniziativa “che viene descritta come qualcosa che ‘cambierà per sempre l’impianto idraulico dell’intero sistema finanziario'”.

Con questo tipo di potere finanziario alle spalle, la spinta globale verso il net zero è decollata dopo l’Accordo di Parigi del 2015. Nel 2019 ad aver assunto impegni “net zero” erano i Paesi che coprono un sesto dell’economia globale, mentre nel 2021 gli impegni “net zero” coprivano nove decimi dell’economia globale.

A luglio, Gates ha dichiarato che la prossima conferenza delle Nazioni Unite sul clima, la COP28, che si terrà dal 30 novembre al 12 dicembre , sarà un’opportunità cruciale per i leader mondiali di riunirsi e compiere passi concreti per accelerare il nostro percorso verso le emissioni nette di carbonio.

Compensazioni di carbonio “in gran parte inutili” e geoingegneria “pericolosa”

Secondo le stime, il mercato dei “crediti di carbonio” potrebbe raggiungere i 100 miliardi di dollari entro la metà del secolo.

Negli ultimi anni, tuttavia, i crediti di carbonio sono stati oggetto di maggiore attenzione, in quanto le grandi aziende ne hanno acquistate grandi quantità per migliorare la propria reputazione ambientale. I critici lo chiamano “greenwashing” [cioè “ecologia di facciata”, dal termine inglese “whitewashing”, che significa “imbiancatura”, NdT]

Le ricerche sulle compensazioni dimostrano che “la maggior parte di esse non è reale o è sovracreditata o entrambe le cose”, ha concluso la Dott.ssa Barbara Haya, che dirige il Berkeley Carbon Trading Project.

Secondo un’inchiesta condotta dal Guardian, “Le compensazioni di carbonio delle foreste approvate dal principale certificatore mondiale e utilizzate da Disney, Shell, Gucci e altre grandi aziende sono in gran parte prive di valore.

Tuttavia si è rafforzata la spinta a raggiungere le emissioni nette zero tramite l’acquisto di crediti di carbonio da parte dei grandi produttori di emissioni.

La legge sul cambiamento climatico firmata dal presidente Joe Biden, l’Inflation Reduction Act (Legge per la riduzione dell’inflazione), è stata una “bonanza finanziaria per l’industria della cattura del carbonio”, secondo il Time, anche se non è mai stato dimostrato che i metodi tecnologici di “cattura del carbonio” siano economicamente fattibili su scala.

La geoingegneria – manipolazione diretta del clima terrestre – è un’altra potenziale fonte di crediti di carbonio. Alcune startup stanno già cercando di vendere crediti di carbonio per la geoingegneria con vari schemi, come l’irrorazione di sostanze chimiche nell’atmosfera per riflettere la luce solare o il sequestro del carbonio nelle paludi.

Sebbene la geoingegneria sia considerata pericolosa e prematura nel migliore dei casi, la Casa Bianca ha comunque pubblicato un rapporto a giugno in cui raccomanda di studiare alcune forme di geoingegneria e menziona il possibile coinvolgimento futuro di “attori privati”.

Accaparrarsi crediti di carbonio: una “corsa all’oro globale”

A differenza dei metodi tecnologici speculativi e non dimostrati di rimozione del carbonio, la cattura del carbonio a terra nelle foreste e nei terreni agricoli può sequestrare il carbonio su scala significativa.

Con la corsa all’acquisizione dei crediti di carbonio disponibili entro il 2050, c’è un enorme incentivo finanziario per i grandi attori dell’economia globale ad acquistare terreni in grado di produrre crediti di carbonio in una sorta di “corsa all’oro” globale. Solo chi possiede il numero, limitato, di crediti basati sulla terra potrà rivendicare il diritto di emettere gas serra.

La corsa globale ai crediti di carbonio basati sulla terra era stata prevista quando è stato introdotto l’obiettivo del net zero. Alcuni attivisti ambientali temevano che fossero presi di mira i Paesi meno sviluppati del Sud del mondo.

Queste previsioni si sono rivelate esatte.

La nazione africana della Liberia ha appena annunciato che sta concedendo circa il 10% del suo territorio – oltre 2 milioni di acri di foresta – a una società degli Emirati Arabi Uniti (UAE) chiamata Blue Carbon LLC. Questo “trasferimento dei diritti di inquinamento”, come viene definito dalle parti, consentirà agli UAE di “rispettare i propri impegni in materia di clima”. (Gli UAE saranno la sede della CoP28 dell’ONU prossimamente quest’anno).

Blue Carbon è in trattative simili con Zambia e Tanzania.

L’anno scorso, la Nigeria ha concesso l’accesso a oltre 4 milioni di acri di terra a una società statunitense, la African Agriculture Inc. L’azienda intende piantare alberi e poi vendere i crediti di carbonio ai grandi produttori di emissioni.

Tali accordi sono stati definiti “colonialismo del carbonio”, perché i programmi di credito di carbonio basati sulla terra sottraggono l’accesso alla terra alle popolazioni locali e lo concedono a governi stranieri e a interessi finanziari internazionali. Inoltre, i benefici ambientali sono spesso presentati in modo esagerato.

A luglio, il presidente francese Emmanuel Macron si è recato in Papua Nuova Guinea per promuovere un grande progetto di conservazione e un investimento da 10 miliardi di dollari in gas naturale liquido (GNL) nel Paese da parte del colosso energetico francese TotalEnergies.

Un dirigente di TotalEnergies ha affermato che i crediti di carbonio derivanti dal progetto di conservazione sarebbero stati utilizzati per “compensare” le emissioni del progetto GNL.

La corsa ai “crediti di carbonio” non si limita ai Paesi in via di sviluppo, ma si sta facendo strada anche nei Paesi occidentali industrializzati.

“La Scozia è in prima linea a livello globale nella Grande corsa per impadronirsi di terra net zero“, si legge in un titolo che parla di multinazionali e fondi di investimento che hanno investito denaro nelle terre rurali scozzesi, comprese le torbiere ricche di carbonio del Paese.

Nei Paesi Bassi, nonostante l’accanita resistenza degli agricoltori, il governo olandese ha portato avanti il progetto di espropriare fino a 3.000 aziende agricole per raggiungere gli obiettivi climatici del Paese.

Gli agricoltori olandesi sono oggetto di un accaparramento di terra, ha detto Shiva.

Forse non a caso, nel 2021 la banca olandese Rabobank ha istituito i primi progetti pilota della Rabo Carbon Bank. Ciò ha fatto seguito a un rapporto della Commissione europea dello stesso anno, in cui si delineavano strategie redditizie per la “coltivazione del carbonio“.

Secondo Barbara Baarsma, CEO di Rabo Carbon Bank, “il potenziale di mercato è enorme”.

La spinta a chiudere le aziende agricole può essere compresa solo nel contesto più ampio di questo potenzialmente “enorme” mercato globale del carbonio, con la sua vorace domanda di crediti di carbonio basati sulla terra.

Secondo alcune stime, la compagnia petrolifera Shell da sola avrebbe bisogno di un terreno grande 3 volte i Paesi Bassi per i suoi piani net zero.

I crediti basati sulla terra che potrebbero essere generati dalla chiusura di migliaia di fattorie olandesi potrebbero essere acquistati dagli investitori e poi accreditati a grandi inquinatori in altre parti del mercato globale, che potrebbero usarli per “compensare” le loro emissioni che intanto continuano.

Questa dinamica può aiutare a spiegare perché Gates abbia acquistato 250.000 acri di terreni agricoli negli Stati Uniti negli ultimi anni – oggetto di molte speculazioni in quanto ci si chiede perché Gates abbia voluto diventare il più grande “agricoltore” d’America. Una tale quantità di terreno potrebbe permettergli di trarre vantaggio dal mercato globale del carbonio.

Mentre l’accaparramento di terreni a zero emissioni spinge fuori i piccoli e medi produttori di cibo, persone come Gates, che investono pesantemente in aziende alimentari ad alta tecnologia che pretendono di essere rispettose del clima – ad esempio i produttori di carne finta – sono in grado di accaparrarsi quote di mercato e di assumere un ulteriore controllo dell’approvvigionamento alimentare.

Shiva ha detto che l’accaparramento di terre “net zero” contribuisce a realizzare la visione di un futuro alimentare ad alta tecnologia promossa da Gates e dagli investitori della Silicon Valley: “agricoltura senza agricoltori” e “cibo senza fattorie”.

Secondo Shiva, il cibo è il “nuovo impero” di Gates. I suoi piani includono “il controllo della terra, il controllo delle sementi, la distruzione del cibo vero per sostituirlo con quello fatto in laboratorio e l’eliminazione totale degli agricoltori dall’agricoltura”, utilizzando sementi brevettate e varie tecnologie “climaticamente intelligenti”.

Fino a che punto l’abuso di “net zero” può essere portato avanti in futuro?

Oltre all’accaparramento di terre e alle dubbie soluzioni tecnologiche, il tentativo dell’élite economica di mettere all’angolo il mercato dei crediti di carbonio ha ulteriori implicazioni per il futuro.

In un futuro in cui ogni singolo cittadino potrebbe avere una quota di carbonio personale – un’idea che è stata ventilata da alcuni attivisti, politici e istituzioni internazionali – consentire la compravendita di crediti di carbonio darebbe all’élite economica un modo per acquistare i futuri “diritti di consumo” di tutti gli altri.

Ecco come Baarsma della Rabo Carbon Bank, un “contributore all’agenda” del World Economic Forum (WEF), ha detto che funzionerebbe una quota di carbonio personale:

“Se voglio prendere l’aereo, compro dei diritti di emissione di carbonio da qualcuno che non può permettersi i voli, per esempio… O se qualcuno vive in una casa piccola, può vendere i suoi diritti di emissione di carbonio a qualcuno che vive in una casa grande. In questo modo, i poveri possono trarre beneficio dall’economia verde”.

Sebbene Baarsma abbia cercato di dare un’impronta positiva all’idea, permettere a individui ricchissimi e a grandi aziende di acquistare “diritti di emissione di carbonio” dai poveri e dalla classe media significherebbe permettere all’1% della società di acquistare i futuri “diritti di consumo” di qualsiasi cosa produca carbonio, compresi gli alloggi e l’agricoltura, i trasporti e i viaggi.

Il decentramento è la chiave per superare il net zero

Net zero “non ha lo scopo di guarire la Terra e rigenerare i suoi sistemi e processi ecologici. Non ha lo scopo di fermare l’inquinamento. Ha lo scopo di continuare a inquinare e di trovare nuovi modi per farlo”, ha dichiarato Shiva a The Defender.

Per quanto riguarda la terra, Shiva sostiene la sovranità alimentare: il controllo del cibo e dei terreni agricoli da parte dei contadini e delle popolazioni locali impegnati in metodi di agricoltura tradizionale, non industriale e rigenerativa.

“Dobbiamo sostenere le piccole aziende agricole che si prendono cura della terra e di tutte le forme di vita e che producono alimenti rispettosi dell’ambiente biodiversi, sani e freschi per tutti”, ha dichiarato.

I piccoli agricoltori che utilizzano metodi ecologici sono all’estremo opposto rispetto ai miliardari e alle grandi aziende che usano il net zero come scusa per accaparrarsi la terra e per trarre profitto dai crediti di carbonio, controllando l’approvvigionamento alimentare con metodi industriali dannosi per l’ambiente e la salute umana.

La chiave per una risposta autentica, popolare ed ecologicamente sensata ai loro sforzi è il decentramento del potere, hanno suggerito Shiva e altri critici del net zero.

Bisogna respingere gli schemi finanziari come il net zero, che fingono di affrontare il problema del cambiamento climatico, ma che in realtà permettono all’1% della società di concentrare il potere sui terreni agricoli e sul cibo, di trarre profitto da tecnologie dubbie e di esercitare un controllo finanziario sulle attività umane che producono carbonio – “virtualmente ogni attività umana”, secondo le parole di Gates.

Il “passaggio dalla globalizzazione guidata dalle multinazionali alla progressiva localizzazione delle nostre economie è diventato un imperativo ecologico e sociale”, ha scritto Shiva, “per proteggere sia la vita delle persone che l’ambiente”.