Siamo nel bel mezzo della più grande epidemia mai registrata in Nord America.

Ma non è la COVID-19. E non si tratta di vaiolo delle scimmie.

È l’influenza aviaria EA H5N1.

Questo virus altamente patogenico, riferiscono le testate giornalistiche degli Stati Uniti e di tutto il mondo, è il più letale mai visto negli uccelli domestici negli ultimi sette anni in America – e potrebbe anche essere il peggiore mai documentato negli uccelli selvatici.

Dall’inizio del 2022, l’influenza aviaria EA H5N1 si è diffusa in almeno 30 stati americani e in molti altri paesi.

Solo negli Stati Uniti sono morti più di 37 milioni di uccelli, ha riferito PBS NewsHour all’inizio del mese.

Secondo i Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie (CDC) e il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti, il virus colpisce gli uccelli acquatici, come gabbiani, sterne e uccelli costieri, gli uccelli acquatici selvatici, come anatre, oche e cigni, nonché i rapaci.

Anche dal Wisconsin, da Washington e dall’Alaska giungono notizie che perfino le aquile calve ne sono preda.

Ma nonostante l’ampia copertura mediatica, la maggior parte delle persone è più consapevole dell’aumento dei prezzi di uova e polli che dell’ultima epidemia di “influenza aviaria”.

Questo perché il prezzo delle uova negli Stati Uniti è quasi raddoppiato rispetto all’anno scorso e i prezzi dei polli e dei tacchini sono più alti del 20-30% rispetto a un anno fa.

L’influenza aviaria può trasmettersi all’uomo?

Secondo la NPR, in aprile un giovane del Colorado, che era stato sottoposto a un programma di rilascio anticipato dalla prigione, ha contratto il virus dell’influenza aviaria durante l’abbattimento di uccelli in un allevamento commerciale nella contea di Montrose.

Durante l’epidemia di influenza aviaria del 2015, il CDC ha comunicato al pubblico che i casi umani derivavano dal contatto fisico diretto con uccelli infetti o con superfici contaminate, dalla vicinanza a uccelli infetti o dalla visita a mercati di pollame vivo.

Pur rilevando che il consumo di prodotti avicoli “cotti correttamente” non diffonde la malattia all’uomo, il CDC avverte che “il contatto diretto o ravvicinato (ad esempio, entro un raggio di circa due metri) con pollame infetto o ambienti contaminati dal virus senza indossare [dispositivi di protezione individuale] può aumentare il rischio di infezione umana”.

La buona notizia è che sembra che i virus dell’influenza aviaria, in generale, non si trasmettano facilmente all’uomo, secondo un rapporto del 2005 pubblicato sul Canadian Journal of Infectious Diseases and Medical Microbiology.

La cattiva notizia è questa: quando il virus passa dagli uccelli all’uomo, può essere fatale.

“Il tasso di mortalità delle epidemie in Tailandia nel 2004 era del 66%”, ha spiegato lo stesso team di ricerca. “Questo virus è aggressivo. Provoca un alto tasso di mortalità, dimostrando che gli esseri umani hanno una bassa immunità alla malattia”.

Inoltre, secondo il CDC, i ceppi di influenza aviaria sono stati collegati a “polmonite grave, insufficienza multiorgano, encefalite e shock settico”.

“La continua comparsa di infezioni umane da virus dell’influenza aviaria A rappresenta una minaccia persistente per la salute umana”, hanno scritto i ricercatori sulla rivista Zoonoses Public Health nel 2020.

L’influenza aviaria non è una novità

Come rivela la storia, il problema dei virus che hanno la meglio su uccelli non sani non è nuovo.

Secondo il biologo evoluzionista Michael Worobey, la madre di tutte le influenze, l’influenza spagnola del 1918, avrebbe avuto origine da un virus dell’influenza aviaria.

Anche se questa rimane una questione aperta, Worobey e il suo team hanno analizzato 80.000 sequenze di geni virali provenienti da una varietà di animali, tra cui uccelli, cavalli, maiali e pipistrelli, e hanno trovato prove – pubblicate nel 2014 sulla rivista scientifica Nature – che i virus influenzali si evolvono e mutano più velocemente negli uccelli che negli altri animali.

Nel 1997, un nuovo ceppo di influenza aviaria è emerso a Hong Kong e per otto anni gran parte del mondo ha temuto una pandemia.

Questo virus era un nuovo patogeno mai incontrato prima. Entro il 2004 si era diffuso in più di 50 Paesi in Asia, Europa, Medio Oriente e Africa.

Gli uccelli selvatici sono un comodo capro espiatorio

Come per altre infezioni a rapida diffusione, gli esperti sono ansiosi di scoprire l’origine del contagio.

La scorsa settimana, un giornalista della PBS, William Brangham, si è recato nel Midwest degli Stati Uniti per raccontare l’epidemia.

Brangham ha riferito che il nuovo virus patogeno dell’influenza aviaria proviene da uccelli migratori che ospitano spesso il virus apparentemente senza che questo li faccia ammalare.

A volte, tuttavia, “un ceppo può passare agli uccelli domestici come polli, anatre o tacchini e, con la giusta mutazione, può diffondersi in modo incontrollato”, ha detto Brangham.

Come per qualsiasi virus contagioso, nell’uomo o in altri animali, sono in gioco almeno due fattori: la virulenza dell’agente patogeno e lo stato di salute dell’ospite.

Secondo Chris Chlebowski, medico naturopata di Ashland, Oregon, e autore del libro di prossima pubblicazione “The Virus and The Host” (Il virus e il suo ospite), lo stato di salute dell’ospite è altrettanto importante, se non di più, della virulenza del virus.

In effetti, Chlebowski si riferisce ai virus come ai nostri “partner patogeni”.

Come gli scienziati stanno comprendendo in modo sempre più approfondito, tutti gli animali, compreso l’uomo, convivono con batteri, virus e funghi.

Queste specie non umane – anche quelle come l’E. coli, che consideriamo “patogene” – forniscono al nostro organismo una serie di sorprendenti benefici.

Ma quando i batteri e i virus non sono in una situazione di equilibrio, possono anche causare gravi problemi di salute all’ospite.

Il problema non è un determinato virus, di per sé, ma quando quel virus non è più in equilibrio.

Gli allevamenti industriali di pollame sono il terreno “ideale” per la diffusione dei virus

La vera domanda che tutti gli esperti di salute, gli ambientalisti e i media del paese devono porsi è quindi la seguente: perché questa influenza aviaria sta causando malattie così gravi in così tanti uccelli da allevamento?

“L’agricoltura industriale alleva gli uccelli in condizioni deplorevoli”, ha dichiarato la scrittrice di Chicago Martha Rosenberg, autrice di “Born With a Junk Food Deficiency: How Flaks, Quacks, and Hacks Pimp the Public Health” (Nati con deficienza da cibo spazzatura: come la salute pubblica viene prostituita da imbroglioni vari).

“Queste condizioni contribuiscono alla diffusione dell’influenza aviaria e anche alle mutazioni”, ha dichiarato Rosenberg a The Defender.

Da oltre 15 anni Rosenberg si occupa di questioni legate agli allevamenti intensivi. L’autrice insiste sul fatto che tenere i polli nelle condizioni insalubri e antigieniche che si rilevano negli allevamenti industriali – o nelle operazioni di alimentazione concentrata degli animali (CAFO), come vengono chiamate dall’industria – crea un ambiente perfetto perché il virus dell’influenza diventi letale.

Secondo l’organizzazione no-profit Sentient Media, un CAFO solo può ospitare più di 125.000 polli da macello o 82.000 galline ovaiole.

“Quando i virus respiratori entrano in queste strutture di confinamento, hanno continue opportunità di replicarsi, mutare, raggrupparsi e ricombinarsi in nuovi ceppi”, ha dichiarato Gregory Gray, direttore del Centro per le malattie infettive emergenti del College of Public Health della University of Iowa.

In un articolo sui CAFO pubblicato nel 2009 sulla rivista Environmental Health Perspectives, Gray ha dichiarato:

“I luoghi più simili che possiamo trovare nella popolazione umana sono le prigioni, le basi militari, le navi o le scuole. Ma i virus respiratori possono attraversare rapidamente queste popolazioni [umane] e poi esaurirsi, mentre nei CAFO – che spesso hanno continue introduzioni di animali [non esposti] – c’è un potenziale molto maggiore per i virus di diffondersi e diventare endemici”.

Connor Jackson, amministratore delegato del gruppo animalista Open Cages, in italiano “gabbie aperte”, con sede nel Regno Unito, è d’accordo.

“Un tempo l’influenza aviaria era una malattia molto rara tra i polli, mentre oggi si verificano focolai ogni anno”, ha dichiarato Jackson a un giornalista locale a gennaio.

I CAFO sono “ideali per diffondere le malattie in modo incontrollato”, ha aggiunto Jackson.

Il pollame allevato in queste operazioni su larga scala vive spesso nei propri escrementi, è talmente ammassato da non potersi muovere ed è soggetto a indicibili maltrattamenti.

Ai polli viene spesso tagliato il becco per evitare che facciano del male ad altri uccelli. Il modo eufemistico di riferirsi a questa pratica crudele è “spuntatura del becco”.

Quando gli uccelli non sani muoiono, quelli sani rimangono in vita accanto alle loro carcasse in decomposizione.

Questi uccelli allevati industrialmente sono nutriti con diete a base di cereali carichi di pesticidi ed erbicidi, in particolare di glifosato.

Uno studio del 2014 sui polli macellati ha trovato residui di glifosato nel cuore, nell’intestino, nei reni, nel fegato, nei polmoni, nei muscoli e nella milza dei volatili.

Altre ricerche hanno collegato l’esposizione al glifosato a deformazioni congenite e alla cattiva salute nei polli.

Anche l’uso profilattico di antibiotici influisce negativamente sulla salute del pollame allevato industrialmente.

Sebbene ci sia stata una forte spinta a ridurre l’uso di antibiotici nell’industria avicola, gli allevatori di pollame continuano a usare gli antibiotici per ingrassare i loro uccelli, aiutarli a evitare le infezioni batteriche e curarli quando sono malati.

E si consideri questo: un team di scienziati con sede a Londra ha pubblicato uno studio nel 2019 che dimostra che i topi infettati dall’influenza hanno tre volte più probabilità di morire quando vengono trattati con antibiotici rispetto ai topi infettati a cui non vengono somministrati antibiotici.

Abbattimento: soluzione o parte del problema?

Come misura proattiva per fermare la diffusione dell’influenza aviaria, milioni di uccelli sono stati uccisi in Israele, Spagna, Francia (famosa per il suo foie gras), Regno Unito, Paesi Bassi, Ungheria, Nigeria, India, Giappone e altri Paesi.

Gli scienziati lo chiamano “abbattimento preventivo“.

Con un metodo di uccisione, i polli da macello e i tacchini allevati a terra vengono radunati in un’area chiusa dove viene utilizzata una schiuma di glicole propilenico per soffocarli.

Michael Blackwell, responsabile veterinario della Humane Society degli Stati Uniti, ha dichiarato a The Guardian che la morte per schiuma è simile a “chiudere la bocca e il naso di una persona, e durante tutto il tempo si è ben consapevoli che la respirazione è stata preclusa”.

Gli operatori dei CAFO utilizzano anche la “chiusura della ventilazione” per uccidere il pollame. Questa tecnica prevede l’innalzamento della temperatura della stalla a 40 C o più per almeno tre ore, al fine di uccidere l’intero gruppo.

Questo metodo è così estremo che persino gli allevatori ne riconoscono la crudeltà.

Durante l’ultima epidemia di influenza aviaria del 2015, è stato necessario usare “gli inceneritori 24 ore su 24 e squadre in tenuta antigas” per l’abbattimento dei volatili, come riporta Fortune.

In aprile, una donna che assisteva a una partita di basket tra i Minnesota Timberwolves e i Los Angeles Clippers a Minneapolis per protestare contro l’eutanasia nella fattoria dell’Iowa del proprietario dei Timberwolves, Glen Taylor, si è incollata al pavimento, come riporta il Des Moines Register.

Ma questi metodi di uccisione non solo sono indicibilmente spietati, probabilmente sono anche inefficaci.

Spopolando e il “ripopolando il patrimonio avicolo mondiale” non si fa altro che “fornire nuove munizioni alla pistola” dell’influenza aviaria, insiste il dottor Michael Greger, nel suo libro del 2006 “Bird Flu: A Virus of Our Own Hatching” (L’influenza aviaria: Un virus causato da noi).

Qual è la soluzione?

Per avere uccelli sani che non soccombano facilmente alle malattie, dobbiamo migliorare le condizioni negli allevamenti di pollame, secondo Stephanie Seneff, Ph.D., scienziata senior del Massachusetts Institute of Technology e autrice di “Toxic Legacy: How the Weedkiller Glyphosate Is Destroying Our Health and the Environment (Eredità tossica: come il diserbante glifosato sta distruggendo la nostra salute e l’ambiente”).

“I polli devono potersi muovere liberamente, mangiare insetti e piante e avere accesso all’aria fresca e alla luce del sole”, ha dichiarato Seneff a The Defender.

Alcuni attivisti, che ritengono impossibile allevare gli animali in modo umano, abbracciano uno stile di vita vegano. Ma per quelli di noi che mangiano prodotti animali, Seneff ha detto che è imperativo “acquistare solo uova biologiche e carne di polli allevati all’aperto e senza antibiotici“.

“Allevare le proprie galline da cortile è un altro modo per assicurarsi che le uova che si mangiano siano sane ed esenti da pratiche crudeli”, ha detto Seneff.

Il vero aumento dei prezzi delle uova e del pollame non è dovuto solo agli “alti costi dei cereali e della logistica, all’inflazione salariale e alla sostenuta ripresa della domanda dopo la pandemia”, come ha recentemente riportato FitchRatings.

“Gli uccelli selvatici – le anatre e le oche – sono stati incolpati ingiustamente”, ha detto Rosenberg.

Ha aggiunto:

“Non sono loro a diffondere l’influenza. In effetti, gli uccelli selvatici non muoiono di questo. Ne muoiono gli uccelli allevati in modo industriale. Il vero problema è che non viene raccontato. Molti notiziari, emittenti via cavo e network – i loro inserzionisti sono produttori di pollame”.