A cura della dott.ssa Silvia Behrendt e della dott.ssa Amrei Müller

Alla prossima 75a Assemblea mondiale della Sanità (WHA), che si terrà a Ginevra dal 22 al 28 maggio, potrebbero essere approvate modifiche sostanziali al Regolamento Sanitario Internazionale (RSI) adottato nel 2005.

Il RSI è il più importante trattato multilaterale che regola l’architettura globale per le emergenze sanitarie, la preparazione, la risposta e la resilienza (architettura HERP).

La proposta di apportare modifiche di ampia portata al RSI è partita dagli Stati Uniti ed è il punto WHA75/18 all’ordine del giorno della 75a WHA, già supportato da 19 Stati co-firmatari e dall’Unione Europea (UE).

Lo scorso gennaio il Segretariato dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha distribuito l’iniziativa statunitense agli Stati firmatari. Tuttavia, a oggi non vi è praticamente nessuna consapevolezza o dibattito pubblico sulle modifiche sostanziali al RSI.

La proposta statunitense contraddice l’essenza di una relazione del Direttore generale dell’OMS, pubblicata nel novembre 2021, che delineava alcuni degli emendamenti ora presentati dagli Stati Uniti e precisava tuttavia che il RSI non sarà rinegoziato, il che che solleva tutta una serie di interrogativi sulla modifica del RSI.

L’attenzione sugli emendamenti statunitensi è stata tra l’altro offuscata dall’avvio dei negoziati per la stesura di un nuovo trattato sulla preparazione e la risposta alle pandemie entro il 2024, la cui portata, il contenuto e l’esito sono tutt’ora incerti, così come non è chiara la relazione con l’attuale quadro giuridico del RSI. Per alcune delegazioni della 75a Assemblea mondiale, quindi, l’ambito di applicazione degli emendamenti proposti dagli Stati Uniti potrebbe essere una sorpresa.

Riportiamo di seguito un breve commento alle modifiche sostanziali proposte dagli Stati Uniti che, se adottate, aumenteranno notevolmente i poteri di emergenza dell’OMS. 

Aumento dei poteri esecutivi di emergenza del Direttore Generale dell’OMS e relative implicazioni

Ai sensi dell’art. 12(1) del RSI attualmente in vigore, in collegamento con l’articolo 1(1) RSI, il Direttore generale dell’OMS dispone già di poteri esecutivi che gli consentono di dichiarare un’emergenza sanitaria pubblica di portata internazionale (PHEIC)  di fronte a un “evento straordinario” in uno Stato “che è determinato a costituire un rischio per la salute pubblica per altri Stati attraverso la diffusione internazionale di malattie e che potenzialmente richiede una risposta internazionale coordinata”. 

Secondo questo processo al Direttore generale spetta, tra l’altro, di avviare ampie consultazioni con lo Stato Parte nel cui territorio si verifica “l’evento” e di giungere entro 48 ore a una conclusione comune sul fatto che questo costituisca effettivamente un evento PHEIC (art. 12 (2) del RSI).

Le modifiche proposte dagli Stati Uniti all’articolo 12 del RSI amplieranno considerevolmente i poteri esecutivi del Direttore generale dell’OMS, il quale potrà dichiarare situazioni di emergenza globale, e ne accentreranno ulteriormente il potere eliminando la necessità di consultare e trovare un accordo con il rispettivo Stato Parte.

Il primo obiettivo si raggiunge innanzitutto creando una categoria di allerta sanitaria pubblica intermedia che richiede una “maggiore consapevolezza internazionale” con una soglia bassa non ancora definita (proposta di un nuovo articolo 12(6) del RSI).

Inoltre, le modifiche statunitensi propongono di conferire ai sei direttori regionali dell’OMS nuovi poteri esecutivi sovrapposti per dichiarare una “emergenza sanitaria pubblica di portata regionale” (PHERC) (proposta di un nuovo articolo 12(7) del RSI). Le proposte non prevedono alcuna divisione tra il livello regionale e quello internazionale per quanto concerne il potere di “dichiarare un’emergenza sanitaria pubblica di portata regionale”, né indicano in che modo l’ampliamento dei poteri esecutivi del Direttore generale e dei Direttori regionali dell’OMS debba essere salvaguardato da abusi.

È evidente l’importanza di questi punti se si considerano le conseguenze pratiche e legali delle dichiarazioni PHEIC/ PHERC/“allerta sanitaria intermedia”: i Comitati di emergenza (cfr. articoli 15-17 e 48-49 del RSI), istituiti dal Direttore generale dell’OMS in risposta a tali emergenze, hanno il potere di emanare raccomandazioni agli Stati per l’adozione di contromisure mediche e non mediche che, come si è ben visto nelle risposte alla COVID, possono drasticamente impattare i mezzi di sussistenza, la vita, la salute e i diritti umani delle persone di tutto il mondo.

Inoltre, le dichiarazioni di emergenza dell’OMS possono avviare lo sviluppo rapido e la successiva distribuzione e somministrazione a livello mondiale di strumenti di diagnostica investigativa, trattamenti e vaccini sperimentali senza autorizzazione, attraverso l’attivazione della procedura con l’elenco per l’uso di emergenza (EULP) dell’OMS.

In particolare l’introduzione di una “allerta sanitaria pubblica intermedia” incentiverà ulteriormente l’industria farmaceutica ad attivare protocolli nazionali di sperimentazione rapida per le emergenze, nonché accordi anticipati con i governi relativamente ad acquisto, produzione e stoccaggio prima ancora che sia stata comprovata l’esistenza di una minaccia concreta per la salute della popolazione mondiale, come già previsto nelle procedure EULP dell’OMS per una “fase di emergenza sanitaria” (v. qui, pagine 10-15).

Le modifiche all’articolo 12 del RSI proposte dagli Stati Uniti aumentano anche i poteri dell’OMS nei confronti dello Stato sul cui territorio si verifica un “evento”, ossia dove viene individuato un agente patogeno nuovo, emergente o riemergente.

A sua volta, questo limita ulteriormente per gli Stati il “diritto sovrano di legiferare e di implementare la legislazione in accordo con le loro politiche sanitarie”, come stabilito dall’articolo 3, paragrafo 4, della Convenzione internazionale dei diritti dell’uomo, qualora non concordino con la valutazione del Direttore generale dell’OMS e del Comitato di emergenza. Questo anche se la legislazione è adottata e attuata in linea con gli obblighi dei rispettivi Stati ai sensi del diritto internazionale dei diritti umani, come specificato nell’articolo 3(1) del RSI.

Le proposte di modifica agli articoli 9 e 10 del RSI avanzate dagli Stati Uniti conferiscono inoltre all’OMS il potere di valutare i presunti rischi per la salute globale basandosi su informazioni ricevute al di fuori dei canali ufficiali, dando ai rispettivi Stati solo 24 ore per verificare tali informazioni e accettare “l’offerta” di collaborazione dell’OMS per “valutare il potenziale di diffusione internazionale delle malattie… e l’adeguatezza delle misure di controllo”.

Il rifiuto di tale “offerta” comporta la divulgazione delle informazioni sanitarie, senza che il rispettivo Stato abbia la possibilità di esprimere il proprio punto di vista sulla questione, anche su affermazioni potenzialmente infondate.

Le proposte statunitensi, inoltre, non prevedono consultazioni tra l’OMS e i rispettivi Stati Parte in merito alle informazioni che indicano la potenziale esistenza di “un’allerta sanitaria intermedia” o di una PHERC. Date le pesanti conseguenze economiche (soprattutto per quanto riguarda il turismo e il commercio internazionale) che le dichiarazioni dell’OMS in merito a tali situazioni di emergenza possono avere per gli Stati colpiti, è improbabile che queste disposizioni promuovano relazioni amichevoli tra i governi e tra l’OMS e i suoi Stati membri.

Una proposta statunitense correlata riguardante la modifica dell’articolo 13(3) e (4), del RSI ha un effetto analogo, ovvero quello di aumentare i poteri dell’OMS in relazione alla libertà degli Stati membri di determinare le proprie politiche sanitarie durante una PHEIC alla luce delle circostanze e delle preferenze locali. Eliminando la frase “su richiesta dello Stato Parte” e sostituendo “può” con “deve”, l’assistenza offerta dall’OMS a uno Stato in risposta ai rischi per la salute pubblica diventa l’opzione predefinita.

Se uno Stato non accetta l’offerta di assistenza entro due giorni, deve motivare il rifiuto dichiarando le “ragioni di salute pubblica per il rifiuto” a tutti gli altri Stati membri dell’OMS, con potenziali conseguenze economiche e finanziarie di vasta portata per lo Stato che rifiuta.

L’assistenza offerta dall’OMS comprende la “mobilitazione dell’assistenza internazionale”, comprese le valutazioni in loco, sostenuta anche da modifiche suggerite all’articolo 15(2) del RSI, che consentono al Direttore generale dell’OMS e ai Comitati di emergenza da questo istituiti di raccomandare “l’invio di squadre di esperti” agli Stati interessati da una PHEIC.

La proposta di concedere all’OMS – e ai Centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie (CDC), strettamente associati all’OMS per le loro competenze tecniche in materia di indagini epidemiologiche – il diritto di effettuare valutazioni in loco/inviare squadre di esperti che lo Stato Parte in questione non può facilmente rifiutare, dovrebbe essere analizzata attentamente anche alla luce di proposte statunitensi simili avanzate nel 2004, durante l’allora approfondito processo di revisione del RSI (durato dal 1995 al 2005). A quel tempo, alcune regioni dell’OMS rifiutarono la proposta perché sospettavano che dietro di essa ci fosse l’intenzione degli Stati Uniti di ottenere l’accesso alle strutture di ricerca sulla biodifesa in tutto il mondo, temendo in altre parole lo spionaggio.

È quanto è avvenuto sullo sfondo della guerra in Iraq, iniziata nel 2003 con il pretesto dell’esistenza di armi biologiche irachene che gli investigatori delle Nazioni Unite non erano riusciti a trovare (maggiori informazioni a pag. 24).

Questioni non affrontate: l’individuazione dei virus della SARS che costituiscono automaticamente una PHEIC e la fine predefinita delle PHEIC. Le modifiche proposte dagli Stati Uniti non mettono in discussione il fatto che individuare un virus della SARS comporterebbe automaticamente la dichiarazione di una PHEIC secondo l’attuale allegato 2 del RSI, senza che sia necessario valutare l’effettiva gravità della malattia causata dal nuovo virus respiratorio.

Considerando le esperienze fatte con la SARS-CoV-2, ci si può giustamente chiedere se tale approccio sia giustificato. La PHEIC per la SARS-CoV-2 dichiarata dall’OMS il 30 gennaio 2020 ha portato all’adozione di contromisure mediche e non mediche senza precedenti in tutto il mondo, con ampi effetti di secondo e terz’ordine (v. un’analisi ad esempio qui, qui e qui), sebbene il tasso di mortalità da infezione (Infection Fatality Rate, IFR) per la COVID sia basso, in particolare per le persone di età inferiore ai 70 anni.

Alla luce del fatto che la PHEIC per la SARS-CoV-2 avrebbe dovuto – ai sensi dell’art. 12(4) del RSI – essere ormai terminata (maggio 2022), le modifiche avrebbero potuto suggerire di includere una data di scadenza automatica per le PHEIC, come avviene dopo un periodo di tre mesi per le raccomandazioni temporanee emesse dal Direttore generale e dai Comitati di emergenza (in conformità con l’articolo 15(3) del RSI).

Questo porrebbe fine anche alla distribuzione globale di strumenti di diagnostica investigativa, terapie e vaccini sperimentali dell’EUL, riportandoli nuovamente nell’ambito delle normali procedure di sperimentazione clinica per garantirne la piena sicurezza ed efficacia.

Comitato per la compliance e meccanismo universale di revisione paritetica 

Le modifiche statunitensi propongono di inserire un nuovo capitolo IV nel RSI: questo riguarda un Comitato per la compliance al quale spetta monitorare il rispetto degli obblighi assunti dagli Stati ai sensi del RSI.

Composto da sei esperti governativi per ogni regione dell’OMS, il Comitato sarà autorizzato, tra l’altro, a richiedere informazioni agli Stati firmatari, a raccogliere informazioni presso gli Stati firmatari (con il loro consenso), a richiedere i servizi di esperti e consulenti (compresa un’ampia gamma di attori non statali) e a raccomandare agli Stati le modalità per migliorare la compliance della Convenzione, offrendo anche assistenza finanziaria e tecnica.

Ci si può chiedere se un gruppo di “esperti governativi” nominati sia il più indicato a giudicare in modo indipendente se uno Stato parte ha violato i suoi obblighi di diritto internazionale.

Le modifiche proposte all’articolo 5 del RSI prevedono anche l’introduzione di un meccanismo universale di revisione tra pari per esaminare le capacità degli Stati di rilevare, valutare, notificare e segnalare gli agenti patogeni nuovi, emergenti e riemergenti.

Se attuati, questi meccanismi influiranno probabilmente sulla ristrutturazione dei sistemi sanitari nazionali e sull’allocazione dei bilanci sanitari nazionali, spostando il baricentro dall’assistenza sanitaria primaria, incentrata sul diritto fondamentale alla salute, alle attività di sorveglianza, preparazione e risposta alle pandemie, a prescindere dalla diffusione locale della malattia.

Adozione e entrata in vigore delle modifiche

Infine, le modifiche statunitensi propongono di ridurre da 18 a 6 mesi il periodo di tempo durante il quale gli Stati Parte del RSI possono respingere o formulare riserve su futuri emendamenti del RSI adottati a maggioranza semplice dalla WHA (modifiche statunitensi all’articolo 59 del RSI).

In futuro, quindi, se gli Stati non respingeranno entro sei mesi gli emendamenti, questi entreranno per loro automaticamente in vigore, secondo l’articolo 22 della Costituzione dell’OMS e con l’articolo 59 emendato del RSI.

Gli Stati avranno pertanto un tempo piuttosto limitato per valutare a fondo le implicazioni legali e pratiche degli emendamenti al RSI, anche per quanto riguarda le loro politiche sanitarie interne e per il bilancio.

Nota conclusiva

Questa breve rassegna delle proposte degli Stati Uniti di modifica del RSI si conclude con un appello ai membri della WHA, affinché discutano e considerino attentamente le implicazioni delle modifiche proposte prima di approvarle e adottarle.

Gli approcci tecnocratici e biomedici, sviluppati e attuati dall’alto verso il basso principalmente attraverso l’azione esecutiva, si sono dimostrati una risposta valida alla COVID e giustificano un’ulteriore estensione e centralizzazione dei poteri di emergenza globale dell’OMS?

E, qualora i poteri dell’OMS vengano ampliati in questo modo, bisogna rispondere anche alla domanda: quis custodiet ipsos custodes (chi controlla i controllori?), e quindi istituire meccanismi che garantiscano che l’OMS rispetti i suoi obblighi ai sensi del RSI e della sua Costituzione, nonché le sue responsabilità verso i diritti umani derivanti dal Diritto internazionale umanitario consuetudinario.

Articolo originale pubblicato su European Journal of International Law.

La dott.ssa Silvia Behrendt è direttrice dell’Agenzia per la Responsabilità Sanitaria Globale di Salisburgo, Austria, ed ex consulente legale del Segretariato del Regolamento Sanitario Internazionale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.

La dott.ssa Amrei Müller è docente/assistente presso l’University College Dublin, Sutherland School of Law.